Sulla cima di una collina tufacea nel cuore della catena dei Monti Volsini, circondata dal torrente del Fosso Rigo, non distante dal Lago di Bolsena, c’è Gradoli, in provincia di Viterbo, in un territorio caratterizzato da colline e profonde vallate coltivate a viti e ulivi.
Le origini dell’attuale abitato sono incerte anche se nei suoi dintorni sono stati trovati alcuni insediamenti lacustri e terrestri appartenenti forse all’Età del Bronzo.
Etruschi, romani e poi longobardi si sono susseguiti nel territorio; nel XII secolo il piccolo borgo, con il suo castello, passò sotto il controllo della chiesa.
Il Castello di Gradoli era un centro fortificato sulla parte più alta del colle, con una rocca, un fossato a chiusura dell’unico accesso al borgo, cui fu successivamente aggiunto un secondo perimetro di mura attorno a tutto il promontorio.
Il borgo, per la sua posizione strategica, fu conteso dalle diverse signorie dei territori circostanti e soggetto ad un’alternanza di governanti, subendo saccheggi e distruzioni, fin quando arrivò la potente dinastia dei Farnese, che vi regnò per diversi anni, portando a Gradoli anche un discreto benessere, nonostante continue faide con lo Stato Pontificio.
L’analfabetismo, la miseria, l’emarginazione, il vagabondaggio ed il fenomeno del brigantaggio furono le caratteristiche che lo Stato Unitario ereditò dal potere temporale della chiesa e ci vollero decenni per far uscire Gradoli da queste situazioni miserevoli.
Tra le vestigia del suo passato, Gradoli vanta il cinquecentesco Palazzo Farnese, uno dei più imponenti palazzi-fortezza della famiglia sparsi in Italia, che domina l’intero paese e conserva sontuose stanze affrescate, sede del Museo del Costume Farnesiano, interessante raccolta di abiti, armi, utensili rinascimentali, oltre al Centro Nazionale di Studi sulla Famiglia Farnese.
Tra le altre cose, a Gradoli ci sono anche la quattrocentesca Collegiata di Santa Maria Maddalena, piena di affreschi ed altre opere d’arte di epoche diverse e la chiesa di San Magno, sempre del ‘400, un tempo appartenuta al Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta.
Il centro storico del borgo, che conta circa 1500 abitanti, è caratterizzato dalla fontana a fuso con mascheroni, nella piazza centrale, attorno al quale si ergono gli antichi palazzi signorili tra i quali la casa canonica, vecchia sede comunale e la casa di Horatio Romano, contabile dei Farnese il cui nome è ancora bene visibile sopra l’antico portale.
Salendo l’antica via del Castello si entra in quella che era la parte fortificata del paese, con i resti della Chiesa di San Giovanni Decollato, che con il suo Ospedale dei poveri e Oratorio della Pietà, è una delle più antiche di Gradoli.
Tra i prodotti tipici del territorio di Gradoli, caratterizzato da terreni vulcanici, c’è il Grechetto, un vino bianco e rosso, conosciuto ed apprezzato anche fuori dalla zona di produzione, assieme al “Fagiolo del Purgatorio”, un legume bianco, piccolo, tenero e dal sapore delicato.
Un altro vino prodotto sul territorio di Gradoli è l’Aleatico Doc, coltivato nella zona fin dall’epoca etrusca, di colore rosso granato con tonalità violacee, aromatico e caratteristico.
La coltivazione del fagiolo del Purgatorio di Gradoli ha radici molto profonde nella storia del paese: fin dal 1600, in occasione del mercoledì delle Ceneri, viene organizzato il “Pranzo del Purgatorio” il cui piatto principe è il fagiolo, servito con il riso in brodo e zuppe di pesce.
Tra le manifestazioni che si organizzano a Gradoli, è conosciutissimo il Pranzo del Purgatorio, durante il carnevale, quando un gruppo di incappucciati membri della “Fratellanza” vestiti di marrone con un lungo cappuccio viola, passano di casa in casa e raccolgono libere offerte, soprattutto prodotti agricoli, in particolare salumi, olive, vino formaggi, che vengono poi messi all’asta nella piazza del paese, il cui ricavato va a finanziare un pranzo di cibi rigorosamente magri, per pregare per le anime del Purgatorio.
Un’altra tradizione è quella delle “Tentavecchie”, ad inizio d’anno, dove gruppi di adulti e bambini sfilano per le vie del paese facendo un fracasso assordante con l’uso di strumenti bizzarri e popolari, come coperchi, pentole, mestoli, padelle, trombette, campanacci, corni, per scacciare le streghe e gli spiriti maligni.