Rapa Nui vista da Pablo Neruda
….D’argilla, boschi, fango, da seme che volava
nacque la collana selvaggia dei miti:
Polinesia: pepe verde, sparso
nell’area del mare dalle dita erranti
del padrone di Rapa Nui, il Signor Vento.
La prima statua fu d’arena bagnata,
egli la formò e la disfece allegramente.
La seconda statua la costruì di sale
e il mare ostile l’abbattè cantando.
Ma la terza statua che fece il Signor Vento
fu un moai di granito, e questo sopravvisse.
Quest’opera che lavorarono le mani dell’aria,
i guanti del cielo, la turbolenza azzurra,
questo lavoro fecero le dita trasparenti:
un dorso, l’erezione del Silenzio nudo,
lo sguardo segreto della pietra,
il naso triangolare dell’uccello o della prua
e nella statua il prodigio d’un ritratto:
perché la solitudine ha questo volto,
perché lo spazio è questa rettitudine senz’angoli,
e la distanza è questa chiarità del rettangolo.
..…
(Pablo Neruda – La rosa separata)
Rapa Nui: leggenda sui moai
All’alba e al tramonto i raggi obliqui del sole proiettano sui moai sfumature di rosso, di viola e nel silenzio e nella quiete circostante si è trasportati in tempi remoti.
I moai, leggendarie statue di Rapa Nui, sono alti fino a 10 metri (ne esiste uno incompleto di 21). Sono circa ottocento gli straordinari giganti ricavati, tranne poche eccezioni, da un unico blocco di tufo. Scolpiti parzialmente nelle cave del vulcano Rano Raraku, sdraiati a faccia in su, erano poi staccati e trasportati sino alla costa dove erano rifiniti da altri operai. Il viaggio poteva durare anche un anno.

I moai rappresentavano gli antenati importanti, divinizzati, posti su piattaforme cerimoniali chiamate Ahu. Con le spalle rivolte all’oceano puntavano gli occhi di ossidiana nera e corallo bianco (da cui fluiva il potere spirituale denominato Mana) verso l’interno dell’isola, a protezione dei villaggi. La testa era sormontata spesso da una pietra lavica rossastra chiamata Pukao, che simulava una tipica acconciatura maschile dell’epoca.

Si narra che il Re Hotu-Matua, preoccupato per le sorti della sua tribù, ormai priva di cibo a causa di lotte con altri clan, venisse indirizzato da un sogno inviato dal dio Make Make verso un’isola verde, soleggiata e ventosa. In seguito ad una ricerca effettuata da 7 fra i suoi migliori guerrieri, il re Hotu-Matua approdò all’isola promessa e lì formò il suo regno. Quest’isola prese il nome di Rapa Nui.

Gli unici 7 Moai (di Ahu Akivi) che, occhi all’oceano, volgevano le spalle alla terra rappresentavano i 7 guerrieri ricercatori che allungavano la loro protezione sulla lontana terra prospiciente il Pacifico, da dove erano partiti.
Tutti gli altri Moai sviluppavano la loro area di protezione verso l’entroterra, dove le genti, qui trasferite da isole polinesiane (presumibilmente le Marchesi), operavano e vivevano. Leggende narrano che le pietre da cui erano intagliati i Moai fossero di provenienza extra terrestre; in realtà arrivavano dalle cave del vulcano Rano Raraku, come dimostrano gli affascinanti incompiuti presenti nell’area.
Rapa Nui oggi
L’accoglienza a Rapa Nui conferma la capacità dei locali di interagire con i turisti. Gentili, disponibili, preparati e rispettosi del patrimonio naturalistico e storico della loro isola, i Rapa Nui conservano l’orgoglio della loro etnia e la semplicità dei costumi. Le tradizioni polinesiane si esprimono nella musica e nelle danze dove vengono esaltate la forza maschile e la sensualità femminile.
Nelle prime due settimane di febbraio, ogni anno, si svolge il Tapati festival che ha il compito di mantenere viva la cultura locale: danze, competizioni canore e sportive come nuoto, canoa, corse a cavallo. In questa occasione due giovani donne competono per diventare regina del Tapati dell’anno.

La cucina locale, oltre che un modo per trasmettere i saperi di madre in figlia, è cultura e rispetto per la natura; esalta i prodotti del mare portando in tavola ogni sorta di pesce oceanico (indimenticabile il Ceviche, per chi ama il pesce crudo). Pollo ruspante, camote (patata americana), ortaggi e frutta completano i menu. I pasti sono annaffiati da buon vino cileno o da birra anche artigianale o da Pisco (distillato cileno per antonomasia) gustato puro, con ananas o con lime.

Un modo tipico di cucinare è il curanto: si pongono pietre calde in una piccola fossa nel terreno, si coprono con strati di foglie di banano inframmezzati dal cibo che si vuole cucinare. Tanti ristoranti, per tutti i gusti, si affacciano sull’oceano o lungo le vie del villaggio.

Rapa Nui: terra sperduta
Dichiarata Patrimonio dell’Umanità nel 1995, Rapa Nui (grande roccia) è uno dei luoghi più sperduti e isolati del pianeta. La forma triangolare di origine vulcanica è dovuta alle successive eruzioni dei 4 vulcani dominanti. E’ in assoluto l’isola al mondo più distante dalla terraferma (poco meno 4000 km dalla costa cilena, equivalenti a 5 ore di volo) e la si raggiunge solo da Santiago del Cile, e saltuariamente da Tahiti.